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interviste IL SISTEMA DI MEL "Dimmi che va tutto bene"

La band bresciana de Il sistema di Mel pubblica il terzo album, graffiante e riflessivo, sulle condizioni sociali e culturali post-covid. Il progetto, nato a distanza e sviluppato in presenza, sperimenta nuove tonalità per analizzare e capire il cambiamento mediante varie sonorità che si amalgamano all’interno del disco creando un sound unico nel suo genere.

Questo progetto ha la particolarità di essere stato ideato e preprodotto durante il lockdown, come avete gestito la produzione a mesi di distanza?

Il lavoro è stato ripreso tenendo solo le linee guida registrate durante il lockdown, quel momento ci è servito per avere un punto di partenza. La produzione successiva (post lockdown) ha dato una forma più precisa ai pezzi e in generale al disco. L’apporto di Francesco Tavoldini sicuramente è stato fondamentale in questa seconda fase.

“Dimmi che va tutto bene” racchiude molti generi diversi, quale pezzo credete descriva in modo più esplicito il sound verso il quale sta andando la vostra musica?

Un pezzo preciso non sapremmo indicarvelo, “Sottosopra” però potrebbe essere il pezzo più probabile.

Concentrandoci su “Sottosopra” cita una delle serie di maggior successo degli ultimi anni. La cultura del momento e gli eventi attuali che influenza hanno all’interno dei vostri pezzi?

Hanno un peso importante. Siamo costantemente bombardati da informazioni e da notizie che non penso andremmo a cercare se non ci fossero più o meno imposte. A volte credo risulti difficile anche solo scremarle.

Un tema centrale del vostro ultimo disco è il modo diverso di vivere le relazioni sociali, per voi come è mutato il rapporto con la musica e l’essere parte di una band?

Le relazioni pensiamo si dividano in importanti e in meno importanti. Razionalmente si cerca di far quadrare sempre tutto, il lockdown ci ha portato a scontrarci con questa cosa. Il rapporto con la musica è sempre lo stesso, lo facciamo fondamentalmente perché ci piace, idem l’essere parte di una band.


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